14 settembre 2007

CLIMA, ENERGIA E COOPERAZIONE

13 settembre 2007: Fedagri - Confcooperative «Cooperazione forestale pronta a soddisfare il 20% del fabbisogno nazionale di calore attraverso le biomasse»
«La cooperazione forestale è in grado, nei prossimi cinque anni, di soddisfare il 20% del fabbisogno nazionale di calore attraverso l’impiego di biomasse».
Lo ha dichiarato il presidente di Fedagri – Confcooperative, Paolo Bruni, commentando le dichiarazioni del ministro dell’Ambiente, Pecoraro Scanio, rese nel corso della Conferenza sui Cambiamenti Climatici, sulla necessità di avviare un pacchetto sulla sicurezza ambientale in Italia.
Bruni ha ricordato la recente firma del Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Ambiente e le centrali cooperative, in cui sono contenute le indicazioni su come le cooperative possono lavorare attivamente per la realizzazione degli obiettivi di Kyoto, tramite lo sviluppo delle energie rinnovabili, con particolare riguardo alla gestione delle filiere corte agro-forestali e ai sistemi di riscaldamento e teleriscaldamento che valorizzino i residui delle coltivazioni e i prodotti legnosi in genere.
«Esistono già molti progetti in atto per lo sviluppo di impianti di teleriscaldamento - ha spiegato Bruni - che riguardano in particolare i piccoli e medi comuni italiani e il futuro, se adeguatamente sostenuto dalle istituzioni e dalla politica, potrebbe portare il nostro Paese ad altissimi livelli di produzione di calore da biomasse».
«La cooperazione e l’associazionismo forestale - ha detto il presidente di Fedagri Confcooperative - sono in grado di produrre fino al 10% dell’energia rinnovabile in Italia e questa percentuale potrà raddoppiare entro il 2012».
La superficie forestale italiana, rileva Fedagri-Confcooperative, è di circa 10,7 milioni di ettari (erano 5,6 nel 1950), quella registrata dall’Istat come facente parte di aziende attive, invece, è di soli 4,5 milioni di ettari (era di 5,6 nel 1990).
«Ciò significa – ha commentato Fedagri Confcooperative – che più del 50% dei nostri boschi è abbandonato e questo si traduce in degrado, aumento degli incendi e del dissesto idrogeologico».
A partire da questi dati si evince che sono in atto due tendenze: da un lato la dinamica della superficie forestale caratterizzata da una graduale crescita collegata alla ricolonizzazione naturale di ex coltivi nelle zone collinari e montane, dall’altra la riduzione delle forme di gestione attiva del patrimonio forestale italiano.
Il risultato è che esistono 5,1 milioni di ettari, l’equivalente di Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Toscana messe insieme, al di fuori di qualsiasi contesto aziendale.
Considerata l’importanza cruciale dello sviluppo di produzioni alternative di energia e calore, non si può sottovalutare il patrimonio di risorse che l’Italia può utilizzare.
«In questo processo – ha concluso Bruni – la cooperazione può giocare un ruolo fondamentale poiché, meglio di altre forme imprenditoriali, può coniugare la necessità di gestire interventi di interesse pubblico e privato, con il mantenimento di efficienza di gestione e stabile occupazione».

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