24 novembre 2011

Richiesti chiarimenti alla Regione Abruzzo sull'accantonamento e l'utilizzo dei fondi per migliorie boschive

Angelo Salucci (ForestAbruzzo) Michele De Capite Mancini (Condotta Forestale) e Gasper Rino Talucci (Fedagri-Confcooperative) hanno inviato la seguente nota al Dott. Franco La Civita (Dirigente del Servizio Foreste della Regione Abruzzo), e per conoscenza al Direttore Regionale e all'Assessore, per richiedere chiarimenti in merito all'accantonamento ed all'utilizzo dei fondi di "migliorie boschive".

"Nella ordinaria gestione dei Consorzi Forestali dei tagli colturali con utilizzo del materiale per vendita sul libero mercato sono sorti dubbi sulle modalità di utilizzo delle “migliorie boschive” di cui all’art. 16 bis della L.R. n° 28/94 e successive modifiche ed integrazioni che testualmente recita “I piani debbono prevedere l'obbligo del proprietario di accantonare una somma pari al 20% delle entrate derivanti da utilizzazioni boschive, da destinare all'esecuzione di opere di coltura o manutenzione dei boschi stessi.”

Si ricorda che la materia è anche citata nell’art. 14 bis della stessa legge che recita: “Tali tagli sono colturali e regolamentati dal presente articolo a prescindere dalla destinazione del materiale legnoso retratto dall’intervento, soddisfacimento del diritto di uso civico di legnatico dei cittadini o vendita sul libero mercato da parte del proprietario. In quest’ultimo caso si applica l’accantonamento di cui all’art. 16bis della presente legge oppure il progetto deve espressamente prevedere interventi di pari importo per l’esecuzione di opere di coltura o manutenzione dei boschi.”

Nei colloqui con i funzionari istruttori del Corpo Forestale dello Stato sono sorti dubbi in merito ad alcune questioni così sintetizzabili.

La prima se sia richiesto che le somme accantonate siano versate su apposito conto aperto dal Comune presso la Camera di Commercio e da svincolarsi, mediante autorizzazione del CFS provinciale, dietro presentazione di idoneo progetto di miglioramento del patrimonio silvo-pastorale o se invece le somme possano essere trattenute dal Comune, o dal Consorzio Forestale su delega dello stesso, e sempre utilizzate a seguito di progetto sempre da approvarsi da parte della autorità forestale. Ciò in considerazione sia del fatto che sulla normativa regionale non si ritrova l’obbligo di versamento alla CCIAA, né pare applicabile la normativa nazionale essendo la materia ben disciplinata a livello regionale con la Regione che, lo ricordiamo, in materia dispone di potestà esclusiva, ma anche per questioni pratiche legate alla opportunità di assicurare, fino alla spesa, liquidità agli Enti ed alle strutture territoriali.

L’altra questione riguarda se tali accantonamenti possano essere anche utilizzati per la copertura degli oneri relativi alla redazione dei Piani di gestione o di Assestamento Forestale, sia nel caso di “cofinanziamento”, a seguito di provvidenze non al 100% da parte della Regione stessa, sia nel caso di Piani redatti, ottemperando all’obbligo sancito dal citato art. 16 bis, a carico degli Enti proprietari. Tale possibilità è una evidente opportunità per gli Enti proprietari di boschi di sostenere gli oneri della necessaria pianificazione per cui un chiarimento positivo in tal senso favorirebbe molto il diffondersi della Pianificazione forestale.

Tale opportunità, in verità, sembrava già positivamente chiarita nel momento in cui i Comuni, nel richiedere le Determinazioni di autorizzazione alla gestione delle terre civiche da parte dei Consorzi Forestali, all’art. 11 dell’allegato “Contratto di gestione” così scrivevano “… I fondi destinati al Fondo migliorie boschive potranno inoltre essere utilizzati dal Consorzio per coprire gli oneri derivanti dalla redazione del Piano di gestione ed assestamento e/o per il cofinanziamento di attività forestali di miglioramento.” Essendo stati tali contratti esaminati dalla Regione senza rilievi si riteneva che non vi fossero problemi nel comprendere fra le migliorie boschive anche gli oneri per i Piani.

Una terza questione riguarda l’applicabilità della modalità già citata dell’art. 14 bis “…oppure il progetto deve espressamente prevedere interventi di pari importo per l’esecuzione di opere di coltura o manutenzione dei boschi” non essendo tale opzione mai stata utilizzata.

Restando a disposizione per ogni chiarimento ed anche ad un eventuale incontro ed in attesa dei chiarimenti richiesti, distinti saluti"

Allegati (1)
  • 34-11 forestabruzzo - condotta - fedagri - RA - richiesta chiarimenti migliorie boschive.pdf il 24/nov/2011 08:56 da Presidenza ForestAbruzzo (versione 1)
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08 novembre 2011

Foreste sostenibili e boschi certificati per evitare disastri ambientali

ANCHE UN CONCORSO PER VALORIZZARE IL SETTORE

In Italia gli alberi potrebbero essere un patrimonio immenso, ma in troppe Regioni non c'è pianificazione

MILANO - Un patrimonio immenso. Ma, salvo eccezioni, trascurato. I boschi italiani, le foreste che ricoprono il nostro Paese, si estendono per una superficie di 10.467.533 ettari, un gigantesco polmone verde che ricopre il 34,74% d’Italia. Abbiamo più boschi della Germania, coperta al 31% di alberi e della Francia, con un 28,6% di piante. Ma come per il patrimonio artistico, anche quello naturale in buona misura è abbandonato a se stesso.

FRAMMENTAZIONE - «In Italia c’è frammentazione: la superficie non è unitaria, ma costituita da tanti piccoli appezzamenti privati, alcuni curati e altri lasciati andare. E poi, strade, stradine e casette insediate nel bosco o ai suoi margini lo danneggiano irreparabilmente: andrebbero creati consorzi per gestire in maniera unitaria i boschi, organismi viventi che si proteggono permettendo loro di espandersi, muoversi, rinnovarsi, andare avanti e indietro. Invece, qui li blocchiamo costruendo. Il problema è politico», spiega il professor Bartolomeo Schirone, ordinario di selvicoltura e assestamento forestale all’Università della Tuscia. «Il nostro Paese potrebbe essere una potenza forestale di prima categoria, per posizione geomorfologica e ricchezza di specie potremmo produrre legnami che nessuno in Europa ha: le specie arboree native sono 85, ma non bastano, perché non abbiamo cultura», continua Schirone. «In molte regioni, e penso al Lazio, alla Basilicata, alla Calabria, i boschi e le foreste sono abbandonati al loro destino, in mano ai bracconieri, con animali allo stato brado, tagli abusivi, nessuna manutenzione. Gli incendi bruciano in media 40 mila ettari ogni anno. Ci sono anche esempi di regioni virtuose, come il Trentino, il Friuli, la Valle d’Aosta, una parte del Piemonte, dove è in atto un modello corretto di filiera bosco–legno: in queste zone le foreste sono gestite da comunità e consorzi montani che rispettano e conoscono il territorio e i suoi tempi. Perché un altro problema in selvicoltura è la pressione sulla foresta: come nelle monocolture si sono resi sterili i terreni con i concimi e i pesticidi, uccidendo ogni componente organica, lo stesso succede nelle foreste, dove la pressione sul suolo e sugli alberi per ottenere un guadagno immediato uccide l’ecosistema».

FORESTE SOSTENIBILI - In Italia sono sedici i corsi universitari in scienze forestali, alcuni di altissimo livello. Con un patrimonio boschivo in crescita del 19% in 25 anni e un abuso ambientale commesso da Nord a Sud d’Italia ogni 43 minuti (dato Wwf), un pensiero al futuro delle piante nell’Anno internazionale delle foreste che sta per concludersi va alle foreste sostenibili. Cosa sono? Sono quelle dove il legname tagliato non è mai superiore a quello che cresce e dove, dopo il taglio, gli alberi sono ripiantati o aiutati a rinnovarsi naturalmente, anche grazie alle piante morte nel bosco, che garantiscono la catena nutritiva. Sono foreste dove gli habitat degli animali selvatici sono rispettati e il sottobosco, gli arbusti e le piante minori svolgono una funzione protettiva del clima, del suolo e dell’acqua. Ma, la foresta certificata (Pefc, Programma internazionale di valutazione degli schemi di certificazione forestale), è molto di più. «Il Pefc Italia è l’organo nazionale del sistema internazionale di certificazione. Aderiscono proprietari forestali, consumatori, industriali e artigiani del legno. L’obiettivo è organizzare la filiera foresta–legno fornendo derivati da foreste e piantagioni gestite in modo sostenibile da un punto di vista economico, ambientale e sociale», spiega Antonio Brunori, segretario generale Pefc. «Attualmente risultano certificati secondo il sistema Pefc oltre 226 milioni di ettari tra Canada, Finlandia, Norvegia, Svezia, Germania, Francia e Austria. In Italia sono certificati 744.538 ettari, l’8% dei boschi: il Consorzio forestale dell’Amiata con 3 mila ettari di faggeta, 38 proprietari forestali in Friuli Venezia Giulia con una superficie di 67.348 ettari, altri 27 proprietari nel Veneto hanno certificato 35.195 ettari. L’Unione agricoltori–Bauer Bund, cioè 22.926 piccoli proprietari forestali della Provincia di Bolzano, ha certificato 250.643 ettari: si tratta della più grande superficie in Europa con queste caratteristiche. Il Consorzio dei Comuni trentini rappresenta altri 246.842 ettari di foresta produttiva distribuiti tra oltre 310 proprietari pubblici e privati».

BOSCO CERTIFICATO - Il legname proveniente da un bosco certificato, viene poi trasformato: le aziende possono richiedere la «Catena di custodia», una certificazione di tracciabilità del legno Pefc. In Italia sono 370 le aziende certificate, e vanno dal mobilio agli imballaggi, dai parquet alla carta, dall’edilizia alla carpenteria, dall’editoria ai giochi. Il marchio Pefc garantisce ai consumatori che l’origine del legno e della cellulosa, è legale e sostenibile. Così, comprando fazzoletti di carta, risme per la stampante, infissi per le finestre, mobili o pavimenti, si può scegliere che tipo di consumatore essere.

FOREST SKILL - E visto che dal rapporto uomo-bosco dipende la salvezza dell’ambiente e dunque la nostra -perché sono gli alberi che proteggono il territorio da disastri idrogeologici e filtrano l’aria migliorandone la qualità - alle foreste e alla loro conservazione è dedicato il concorso Forest Skill, che ha per scopo l’individuazione di idee innovative che valorizzino il patrimonio e vadano nella direzione di creare occupazione nell’ambito ambientale, che in quindici anni ha registrato un incremento nel comparto agro-forestale del 35,8 %, in quello turistico del 14% e nel segmento controllo e disinquinamento dell’8,4%. Organizzato dalla Fondazione italiana Accenture, dal Collegio delle Università milanesi e da IdeaTRE60, Forest Skill è aperto ai progetti più vari: dalla produzione di beni al recupero idrogeologico; dal miglioramento della qualità dell’aria alla valorizzazione della funzione rifugio per la fauna selvatica; dalla salvaguardia e conservazione di specie a rischio al recupero di frammenti di bosco. «Il concorso Forest Skill», conclude Bruno Ambrosini, segretario generale della Fondazione italiana Accenture, offre grandi opportunità ai giovani. Secondo l’Isfol (Istituto per lo sviluppo e la formazione professionale dei lavoratori) tra il 1993 e il 2008 gli occupati del settore ambientale sono passati da 263.900 a 372.100, e per i prossimi anni le stime parlano di un raddoppio. «L’ambiente è un ambito sul quale investire competenze, innovazione, risorse e talenti per creare nuove professioni e rivalutare quelle esistenti».

Anna Tagliacarne

da corrieredellasera.it